Verso Kabul

Mario Paluan | 2012 | Verso Kabul

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Torino, 1976: l’autore acquista un passaggio a bordo di una Citroen verde acqua con destinazione Kabul. I suoi compagni di viaggio sono uno scaltro commerciante malese, la moglie italiana, la loro figlia di tre anni e l’imperturbabile fratello.
Mario ha vent’anni e questo il suo viaggio “verso l’altrove, il sogno, il desiderio, il mito”. Kabul ne è il simbolo: “un nome che suona come un tamburo selvaggio”; una città “sotto un altro cielo, governata da altri pianeti, nutrita da notti sconosciute”.
Ma non aspettatevi il classico diario di viaggio: questo è il “viaggio dell’ignoranza” con un “profilo monodimensionale”, chiamato strada, dove l’autore “ha dovuto immaginare quello che non ha potuto vedere”. Il tempo stringe e le città da mille e notte dell’Iran (Isfahan, Tabriz, Shiraz, Persepoli, Mashhad) le conoscerà soltanto attraverso una guida Routard la sera.
Certo lungo la strada le disavventure non mancheranno tra incidenti ed incomprensioni con le guardie di frontiera e durante il viaggio Mario proverà a seminare Camilla, una sorta di amica immaginaria al contrario. Riuscirà a farlo per un fugace attimo in una fumeria a Kandahar ma Camilla potrebbe attenderlo a Kabul…
Un viaggio nel tempo poetico ma allo stesso tempo ironico: uno “sprofondare nel budello rosa dell’Afghanistan come deviati su uno scartamento ridotto, dove il tempo scorre secondo ritmi sconosciuti”.

Per gentile concessione dell’autore ecco una serie di fotografie del viaggio, accompagnate dalle sue parole: “Il tempo ha inghiottito quei luoghi, annebbiandoli. Le didascalie provate a metterle voi. […] A Kabul, in un modo o nell’altro, ci siete stati, non ricordate?”



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