La via crudele

Ella Maillart | 1947 | La via crudele

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Due donne in viaggio, in fuga verso Oriente da un Europa sull’orlo della seconda guerra mondiale e in lotta contro la dipendenza dalla morfina di Christine, “angelo decaduto”.
Il viaggio su una Ford V8 dalla Svizzera all’Afghanistan è segnato da struggenti descrizioni di paesaggi incantati e monumenti fiabeschi: dalle moschee turche dove “si sperimenta la strana sensazione di essere aspirati verso l’alto”, al paesaggio da fine del mondo del monte Ararat, fino ai mosaici dai “sette colori” dei santuari iraniani.
Le pagine sull’Afghanistan conservano la memoria di Bamiyan dove “Due nicchie scure, sorta di gigantesca garitte, proteggevano i grandi Buddha scolpiti nelle falesie settentrionali”. L’incanto finale è l’impatto con il lago di Band-i-Amir [la Diga del Re], “sfavillante come un gioiello in una conca tra due pendii di terra rosa”.
Profetiche la definizione dell’Afghanistan quale “paese che nessuno è mai riuscito a soggiogare” e le riflessioni sul “clima di paura e di attesa febbrile” in Europa a confronto dei montanari afghani “non ancora contaminati dalla schiavitù dei bisogni artificiali”, che vivono la “pace di un mondo stabile che nulla sa di settimane di quaranta ore lavorative, di ministeri per il tempo libero, di rotative che sommergono la gente di innumerevoli giornali”.

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